Il fisico teorico Carlo Rovelli spiega come la nozione comune del tempo non corrisponda ai risultati della fisica degli ultimi cento anni: non c’è nessun grande orologio che batta il tempo dell’universo ovunque nella stessa maniera, ma dipende dal luogo e dalla velocità. All’interno della fisica fondamentale contemporanea rimane insoluto il problema di mettere d’accordo la relatività di Einstein con la meccanica quantistica. Secondo Rovelli un’idea credibile è che per comprendere a fondo l’universo si può fare a meno della nozione di tempo. Forse il tempo corrisponde al nostro modo di vedere le cose ma non fa parte della struttura fondamentale dell’universo. Se è vero che possiamo scrivere equazioni fondamentali senza mettervi il tempo, dobbiamo allora capire da dove venga la nostra percezione del tempo. L’immagine che emerge oggi nel mondo fisico è quella di una danza indipendente e anarchica delle cose una rispetto all’altra, senza un tempo “oggettivo”, “assoluto”. Il nostro tempo percepito non è altro che un’approssimazione delle tante variabili che succedono a livello microscopico. E quali sono, allora, le implicazioni filosofiche?