Salone del Mobile 2024: quando il design diventa cultura
Cammino tra i padiglioni di Fiera Milano Rho con una domanda che mi ronza in testa: quanto è “cultura” il Salone del Mobile? Il design ha la capacità di plasmare lo spazio, modificare il nostro modo di vivere, influenzare la percezione della bellezza e del comfort. Ma è sufficiente per definirlo “cultura” nel senso più alto del termine?
Milano, in queste giornate di aprile, è una capitale pulsante di idee e incontri. L’aria è elettrica, le installazioni catturano lo sguardo, i designer parlano di sostenibilità e futuro. L’edizione 2024 del Salone del Mobile non si limita a mostrare mobili, ma vuole raccontare una storia, una filosofia, un’identità. Ed è qui che la mia domanda trova una prima risposta.
David Lynch e il design come esperienza sensoriale Al Padiglione 5-7 mi trovo davanti a un’installazione firmata da David Lynch. Il regista, noto per il suo immaginario enigmatico e onirico, ha concepito un ambiente chiamato “A Thinking Room”, un luogo sospeso tra realtà e sogno. Entro, mi fermo, osservo: lo spazio è quasi metafisico, progettato per stimolare la riflessione.
Mi viene in mente un passaggio di Juhani Pallasmaa, celebre teorico dell’architettura, che sostiene che gli edifici – e a maggior ragione gli oggetti di design – possano essere esperienze emotive, non solo funzionali. Questo spazio di Lynch non è un oggetto, ma un concetto. Ed è proprio qui che il Salone si trasforma da semplice fiera commerciale a un laboratorio culturale.
“Under the Surface”: quando il design racconta storie Cambio padiglione e mi trovo davanti a un’altra installazione, “Under the Surface”, curata da Emiliano Ponzi con Accurat e Design Group Italia. Qui il design è narrazione, un viaggio nel profondo del pensiero progettuale.
Le superfici degli oggetti esposti sono finestre su un mondo invisibile: l’idea di un designer, la tradizione artigiana, la spinta innovativa. Mi soffermo a leggere i pannelli esplicativi. Sembra quasi di attraversare una mostra di arte concettuale. Ecco un altro tassello alla mia riflessione: il design è cultura quando smette di essere solo estetica e diventa discorso, stimolo, provocazione.
Il SaloneSatellite e il futuro del design Mi sposto verso il SaloneSatellite, dove oltre 600 giovani designer under 35 presentano le loro idee. Mi fermo a chiacchierare con alcuni di loro. C’è chi sperimenta con materiali riciclati, chi lavora su mobili pensati per le micro-case delle città del futuro.
Mi colpisce la passione con cui parlano del loro lavoro. Per loro il design è una missione, non solo una professione. Non sono venditori di prodotti, ma narratori di un nuovo modo di vivere il mondo. Qui il Salone del Mobile è chiaramente cultura, nel senso più puro del termine: è ricerca, espressione, linguaggio.
EuroCucina e il design quotidiano Mi sposto verso EuroCucina, nei Padiglioni 2 e 4. Qui il design diventa parte della nostra quotidianità. Gli espositori mostrano cucine che non sono più solo spazi funzionali, ma ambienti progettati per migliorare la qualità della vita. Parlo con un architetto che mi spiega come la cucina sia sempre più pensata per integrarsi con la casa, come un teatro della convivialità.
E qui mi torna alla mente un’altra riflessione: quando il design incide sul nostro modo di vivere, non è forse cultura? Quando una cucina diventa lo spazio in cui le persone si ritrovano, discutono, tramandano tradizioni, si può ancora parlare solo di arredamento?
Drafting Futures: le visioni del design Nel Padiglione 14, incontro un panel della serie “Drafting Futures. Conversations about Next Perspectives”. Il premio Pritzker Francis Kéré parla della sua esperienza in Africa, della necessità di un’architettura che rispetti la comunità e l’ambiente.
Lo ascolto e penso a quanto il design non sia solo forma, ma anche etica. I grandi architetti e designer di oggi stanno cercando di rispondere alle grandi sfide del nostro tempo: il cambiamento climatico, l’urbanizzazione, il bisogno di spazi più inclusivi.
Milano, il Salone e la cultura diffusa Esco dalla Fiera e cammino per Milano. Il Fuorisalone ha trasformato la città in un museo a cielo aperto. Gli showroom aprono le loro porte, le installazioni si insinuano nei cortili nascosti, i caffè e le gallerie si riempiono di discussioni.
E qui trovo l’ultima risposta alla mia domanda iniziale. Il Salone del Mobile non è solo cultura, è cultura diffusa. Una cultura che si mescola alla vita, che si fa esperienza quotidiana. Non è un museo che conserva il passato, ma un laboratorio che sperimenta il futuro.
Torno a casa con la consapevolezza che il Salone del Mobile non è solo una fiera del design, ma un’occasione per riflettere su come viviamo, su come potremmo vivere. E questo, alla fine, non è proprio il senso più alto della cultura?
Cammino tra i padiglioni di Fiera Milano Rho con una domanda che mi ronza in testa: quanto è “cultura” il Salone del Mobile? Il design ha la capacità di plasmare lo spazio, modificare il nostro modo di vivere, influenzare la percezione della bellezza e del comfort. Ma è sufficiente per definirlo “cultura” nel senso più alto del termine?
Milano, in queste giornate di aprile, è una capitale pulsante di idee e incontri. L’aria è elettrica, le installazioni catturano lo sguardo, i designer parlano di sostenibilità e futuro. L’edizione 2024 del Salone del Mobile non si limita a mostrare mobili, ma vuole raccontare una storia, una filosofia, un’identità. Ed è qui che la mia domanda trova una prima risposta.
David Lynch e il design come esperienza sensoriale
Al Padiglione 5-7 mi trovo davanti a un’installazione firmata da David Lynch. Il regista, noto per il suo immaginario enigmatico e onirico, ha concepito un ambiente chiamato “A Thinking Room”, un luogo sospeso tra realtà e sogno. Entro, mi fermo, osservo: lo spazio è quasi metafisico, progettato per stimolare la riflessione.
Mi viene in mente un passaggio di Juhani Pallasmaa, celebre teorico dell’architettura, che sostiene che gli edifici – e a maggior ragione gli oggetti di design – possano essere esperienze emotive, non solo funzionali. Questo spazio di Lynch non è un oggetto, ma un concetto. Ed è proprio qui che il Salone si trasforma da semplice fiera commerciale a un laboratorio culturale.
“Under the Surface”: quando il design racconta storie
Cambio padiglione e mi trovo davanti a un’altra installazione, “Under the Surface”, curata da Emiliano Ponzi con Accurat e Design Group Italia. Qui il design è narrazione, un viaggio nel profondo del pensiero progettuale.
Le superfici degli oggetti esposti sono finestre su un mondo invisibile: l’idea di un designer, la tradizione artigiana, la spinta innovativa. Mi soffermo a leggere i pannelli esplicativi. Sembra quasi di attraversare una mostra di arte concettuale. Ecco un altro tassello alla mia riflessione: il design è cultura quando smette di essere solo estetica e diventa discorso, stimolo, provocazione.
Il SaloneSatellite e il futuro del design
Mi sposto verso il SaloneSatellite, dove oltre 600 giovani designer under 35 presentano le loro idee. Mi fermo a chiacchierare con alcuni di loro. C’è chi sperimenta con materiali riciclati, chi lavora su mobili pensati per le micro-case delle città del futuro.
Mi colpisce la passione con cui parlano del loro lavoro. Per loro il design è una missione, non solo una professione. Non sono venditori di prodotti, ma narratori di un nuovo modo di vivere il mondo. Qui il Salone del Mobile è chiaramente cultura, nel senso più puro del termine: è ricerca, espressione, linguaggio.
EuroCucina e il design quotidiano
Mi sposto verso EuroCucina, nei Padiglioni 2 e 4. Qui il design diventa parte della nostra quotidianità. Gli espositori mostrano cucine che non sono più solo spazi funzionali, ma ambienti progettati per migliorare la qualità della vita. Parlo con un architetto che mi spiega come la cucina sia sempre più pensata per integrarsi con la casa, come un teatro della convivialità.
E qui mi torna alla mente un’altra riflessione: quando il design incide sul nostro modo di vivere, non è forse cultura? Quando una cucina diventa lo spazio in cui le persone si ritrovano, discutono, tramandano tradizioni, si può ancora parlare solo di arredamento?
Drafting Futures: le visioni del design
Nel Padiglione 14, incontro un panel della serie “Drafting Futures. Conversations about Next Perspectives”. Il premio Pritzker Francis Kéré parla della sua esperienza in Africa, della necessità di un’architettura che rispetti la comunità e l’ambiente.
Lo ascolto e penso a quanto il design non sia solo forma, ma anche etica. I grandi architetti e designer di oggi stanno cercando di rispondere alle grandi sfide del nostro tempo: il cambiamento climatico, l’urbanizzazione, il bisogno di spazi più inclusivi.
Milano, il Salone e la cultura diffusa
Esco dalla Fiera e cammino per Milano. Il Fuorisalone ha trasformato la città in un museo a cielo aperto. Gli showroom aprono le loro porte, le installazioni si insinuano nei cortili nascosti, i caffè e le gallerie si riempiono di discussioni.
E qui trovo l’ultima risposta alla mia domanda iniziale. Il Salone del Mobile non è solo cultura, è cultura diffusa. Una cultura che si mescola alla vita, che si fa esperienza quotidiana. Non è un museo che conserva il passato, ma un laboratorio che sperimenta il futuro.
Torno a casa con la consapevolezza che il Salone del Mobile non è solo una fiera del design, ma un’occasione per riflettere su come viviamo, su come potremmo vivere. E questo, alla fine, non è proprio il senso più alto della cultura?