A distanza di qualche tempo dalla chiusura del Salone del Mobile 2024, è più semplice tirare le somme e riflettere su quello che è stato uno degli eventi più affascinanti e discussi dell’edizione: Interiors by David Lynch. A Thinking Room. Un’installazione che non si limitava a essere una semplice esperienza visiva, ma che, come spesso accade con il regista di Twin Peaks, andava ben oltre il concetto tradizionale di design, trasformandosi in un viaggio nell’inconscio.
Curata da David Lynch, con la collaborazione del Piccolo Teatro di Milano, questa creazione ha rappresentato una delle rare occasioni in cui il Salone del Mobile ha saputo spingersi oltre la pura estetica per abbracciare una dimensione più concettuale, quasi filosofica. Negli ultimi anni, infatti, il Salone si è sempre più aperto a un approccio culturale, cercando di dialogare con discipline che vanno oltre il design d’interni. Questa installazione, in particolare, ha incarnato al meglio questa tendenza: un’opera che non voleva solo mostrare qualcosa di bello, ma far riflettere su cosa significhi abitare uno spazio, non solo con il corpo, ma anche con la mente e le emozioni.
Posizionata nei padiglioni 5 e 7 della fiera, l’installazione di Lynch era composta da due stanze gemelle, speculari, che evocavano un ambiente onirico e avvolgente. Al centro di ciascuna stanza, una grande poltrona in legno, circondata da tubi di ottone che si innalzavano verso un soffitto curvo dorato. Tutt’intorno, pesanti tende di velluto blu—un chiaro riferimento a Blue Velvet—creavano un’atmosfera intima, quasi mistica.
A colpire non era solo la scenografia, ma l’idea alla base: questi spazi non erano pensati per il relax, ma per il pensiero. Un’idea tanto semplice quanto potente, che ribaltava il concetto stesso di interior design: il vero lusso, oggi, non è più solo la bellezza di un oggetto o di un mobile, ma la capacità di uno spazio di generare idee, di permettere una pausa dal rumore costante del mondo.
Molti critici hanno lodato l’installazione, ma le interpretazioni sono state diverse. Elisa Massoni di Interni Magazine ha descritto la Thinking Room come “uno spazio dominato da un’enorme seduta in legno, circondata da tubi di ottone e da una tenda di velluto blu”, sottolineando l’effetto straniante e avvolgente dell’ambiente. Laura May Todd di Wallpaper* ha parlato di “un’esperienza cinematografica inedita”, un momento di pausa e riflessione nel caos del Salone. Fast Company, invece, ha offerto un’interpretazione più provocatoria: “non è uno spazio che ti farà sentire rilassato, ma sicuramente ti farà pensare.”
E forse è proprio questo il punto. In un’epoca in cui il design rischia di ridursi a una sequenza infinita di immagini patinate su Instagram, Lynch ha ricordato che l’arredamento non è solo forma, ma anche funzione emotiva e psicologica. La vera rivoluzione del design non passa solo dai materiali innovativi o dalle linee minimaliste, ma dalla capacità di creare ambienti che abbiano un impatto sul nostro stato mentale.
Questa installazione ha dimostrato che il Salone del Mobile può (e dovrebbe) essere molto più di una vetrina di prodotti: può essere un luogo di cultura, un laboratorio di idee in cui il design dialoga con il cinema, la filosofia, l’arte. Ed è proprio in questo incrocio di discipline che il Salone trova la sua dimensione più interessante.
In definitiva, A Thinking Room non è stata solo una delle installazioni più riuscite del Salone del Mobile 2024, ma una dichiarazione d’intenti: il design non è solo estetica, è anche un’esperienza mentale ed emotiva. E forse, in un mondo sempre più veloce e caotico, creare spazi per il pensiero è l’innovazione più necessaria di tutte.
Director’s cut – Armando Lorenzini